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Carissimi amici e sostenitori,
sono trascorsi già  alcuni anni dalla nascita della nostra Associazione.
A  Casa S. Pietro abbiamo accolto tante persone, donne e bambini, con cui abbiamo condiviso problemi e difficoltà. L’incontro con loro è stato per noi volontari motivo di crescita, ci sono stati momenti di gioia e anche di preoccupazione  o sconforto, ma  il ricordo di Don Camillo ci ha sempre spronati a proseguire nel cammino.
L’aiuto di tutti voi  in questi anni è stato prezioso, per questo vi invitiamo a continuare a sostenerci devolvendo nella denuncia dei redditi il 5 x mille dell’Irpef all’Associazione.
E’ un piccolo gesto che non vi costerà nulla, ma sarà per noi un importante contributo a sostegno delle attività e dei progetti che stiamo portando avanti e dei nuovi che vogliamo promuovere.

Il codice fiscale da indicare nella dichiarazione è: 91034960343
Grazie di cuore

Fidenza, 9 maggio 2012

con un racconto

Don Felice, quella notte di Natale, iniziò la Messa della Vigilia con una richiesta insolita: « C’è una coppia di sposi stranieri – disse – che non ha trovato alloggio da nessuna parte. Hanno appena avuto un bambino e chiedono se c’è qualcuno che li può ospitare per un breve periodo… Io non mi sento di iniziare questa Celebrazione – continuò il parroco – se non mi aiutate a risolvere questa situazione».
Nessuno si faceva avanti per accettarli in casa. Per fortuna erano presenti alcuni volontari della “Associazione Don Camillo Mellini” i quali, dopo una breve consultazione, nel silenzio assordante della chiesa gremita di persone, tutti cristiani, tutti credenti, alzarono la mano e dissero che avrebbero provveduto loro a trovare un buona sistemazione per quegli stranieri.
Il parroco ringraziò, e al termine della Messa diede ulteriori informazioni su quella coppia: il marito si chiamava Giuseppe, la giovanissima sposa si chiamava Maria, e al bambino appena nato era stato dato il nome di Gesù. Don Felice spiegò che, per alloggiarli, sarebbe stato sufficiente… aprire il cuore!


A
tutti
gli amici,
i più sinceri
auguri di un felice
Natale e di un sereno
Anno Nuovo. Che le vostre
orecchie si aprano e a voi giungano
sincere parole di verità. Che dal vostro
cuore la paura si allontani e vi possiate
aprire all’autentica ospitalità. Che la vostra
bocca susciti fiducia e la vostra voce doni speranza.
Che i vostri occhi rispecchino il fulgore delle stelle e si
illuminino di intensa

felicità. Possiate voi
essere riconoscenti per la
bellezza di ogni esistenza.
I vostri passi camminino
sicuri sulla terra, mentre la
vostra fronte tocchi il Cielo.
… AUGURI!!!

Fausto Negri   
18 dicembre 2011                                    

 Relazione di FAUSTO NEGRI                                                  Borghetto, 8 dicembre 2011

Premessa. Viviamo in un periodo storico di grave crisi. Alcuni lo paragonano alla caduta dell’impero romano. Il termine crisi, nella lingua giapponese, significa però sia “rischio”, sia “opportunità”. In concreto, noi siamo già dentro il nuovo: la fase planetaria. Stiamo prendendo consapevolezza che siamo tutti passeggeri di un’unica nave. Potremo evitare il rischio di essere come il Titanic solo se orienteremo la nostra prassi secondo le virtù della ospitalità (siamo tutti ospiti su questa terra), della convivenza (abitiamo la stessa casa comune), della tolleranza (rispetto delle differenze), della commensalità (sediamo tutti all’unica mensa… Siamo nell’era della ecologia integrale). Se queste virtù si trasformeranno in abitudini e in atmosfera culturale creeranno le condizioni per una globalizzazione necessaria e salvatrice. Attraverso uno dei miti più belli della tradizione greca, quello di Bauci e Filemone, parleremo della ospitalità incondizionata: diritto e dovere di tutti. Il racconto parla di una ospitalità perfetta, “mitica” appunto, diversa dalla nostra sempre condizionata.
Il mito dell’ospitalità
Giove, padre creatore del cielo e della terra, e suo figlio Mercurio, principio di ogni comunicazione, una volta vollero vestirsi da poveri per scendere nel regno dei mortali: intendevano vedere come andava la creazione che avevano messo in moto. Si vestirono come due poveri viandanti e passarono per molte terre, incontrando molta gente; ma nessuno stendeva loro la mano. Ciò che desideravano di più era acqua fresca da bere, un piatto caldo, acqua tiepida per ristorarsi i piedi e un letto per riposare.
Finché un giorno giunsero in Frigia (Turchia), luogo in cui erano confinati i ribelli e i criminali. Lì viveva una coppia molto povera. Lui si chiamava Filemone (in greco “amico e amabile”), lei Bauci (“tenera e delicata”). I due erano anziani e abitavano in una piccola casa su un’altura. Vivevano in armonia perché facevano tutto insieme. Chi comandava era anche chi ubbidiva.
Quando i due dèi giunsero alla capanna, Filemone sorridendo, senza molte cerimonie, li invitò ad entrare: «Avete l’aria di gente stanchissima e affamata, forestieri. Venite nella nostra casa. È povera, ma pronta ad accogliervi!». Bauci offrì loro due sgabelli e andò alla fontana per attingere acqua fresca. Filemone ravvivò il fuoco della notte, quasi spento. Baci, poi, con l’acqua intiepidita cominciò a lavare i piedi a Giove e Mercurio. Filemone si recò nell’orto a raccogliere legumi e verdure, mentre Bauci prendeva l’ultimo pezzo di lardo loro rimasto. Stavano per sacrificare anche l’unica oca che avevano, quella che faceva da guardia alla casa, ma gli dèi lo impedirono.
Fecero cuocere le verdure con il lardo. Bauci cosparse dell’olio sulla zuppa, poi prese alcune uova e le mise sotto la cenere calda. Filemone si ricordò del vino, conservato come farmaco. Erano avanzati ancora alcuni pezzi di pane vecchio, che scaldarono accanto al focolare.
Apparecchiarono la tavola e, per non creare imbarazzo ai due pellegrini, anche Bauci e Filemone si sedettero a tavola, benché avessero già mangiato. Conversando, tra loro si creò un buon clima. Poi i due anziani presero delle noci, dei fichi secchi e datteri da una cassa, e li servirono come dessert. Alla fine, i due offrirono agli ospiti i loro letti.
All’improvviso si scatenò una tempesta. I due sposi si alzarono in fretta per soccorrere i vicini. Fu allora che, in un batter d’occhio, la capanna divenne uno splendido tempio. Giove e Mercurio rivelarono la loro identità. Giove e Mercurio esaudirono i desideri dei due: servire gli dèi nel tempio e poi morire insieme. Alla fine della loro esistenza, Filemone fu trasformato in un’enorme quercia e Bauci in un frondoso tiglio. Le loro cime e i loro rami si intrecciavano. E così abbracciati, restarono uniti per sempre.
I vari momenti del mito
- Il mito di Filemone e Bauci spiega anzitutto dove viene esercitata l’ospitalità: nelle circostanze più avverse, n Frigia, luogo di persone rozze e feroci.
- il mito spiega poi chi sono gli ospitanti: persone laboriose ma non miserabili, che vivono tra di loro in grande armonia.
- in terzo luogo, il racconto spiega chi sono coloro che chiedono ospitalità: sconosciuti, pellegrini, poveri, stanchi e affamati. L’ospitalità si definisce a partire dall’altro.
- viene poi spiegato l’atteggiamento dei pellegrini. Quello che più dispiaceva loro era di non essere nemmeno guardati. Questo atteggiamento provoca sempre una sofferenza interiorizzata e sorda. Lo sguardo è riconoscimento della presenza dell’altro.
- in quinto luogo il mito spiega l’atteggiamento di chi offre ospitalità. Questa suppone il superamento di pregiudizi e una fiducia quasi ingenua.
- il racconto poi spiega come si volge concretamente l’ospitalità. L’accoglienza porta alla luce la struttura fondamentale dell’essere umano. Noi esistiamo perché siamo stati accolti senza riserve dalla Madre terra, dai nostri genitori, da parenti ed amici, dalla società. Il peggiore sentimento è il sentirsi rifiutati ed esclusi: si fa l’esperienza psicologica della morte. L’accoglienza è vita per i viandanti.
Le dimensioni dell’ospitalità
- Sensibilità di fronte ai bisogni dei viandanti, bene espresse con le parole: «Avete aria di gente stanchissima e affamata». Il “pàthos” o emotività è l’esperienza-base dell’essere umano, quella che oggi viene chiamata “intelligenza emozionale”.
- Com-passione: è l’arte di cogliere l’altro nella sua situazione, non abbandonandolo nella sua sofferenza.
- Accoglienza: frutto della sensibilità e della compassione. Si esercita con vari gesti:
- Invito a sedersi; offerta di acqua fresca; accensione del fuoco (offrire calore umano); lavare i piedi (grado sommo di accoglienza e servizio… Gesù laverà i piedi e comanderà: «Anche voi dovete lavare i piedi gli uni degli altri»); dar da mangiare: pane, legumi, uovo, olio, lardo… (commensalità); dar da bere vino (simbolo di festa e di gioia nello stare insieme); servire con una certa sovrabbondanza: il dessert, con datteri e fichi secchi, dà un carattere di straordinarietà al pasto. I due ospitanti vorrebbe anche sacrificare l’oca: trattasi di un’ospitalità illimitata e senza preconcetti; offrire il letto: consegnare la propria intimità, spogliarsi come segno di fiducia verso l’altro.

Concludendo. Dicevamo che il mito – sostanzialmente – rivela la struttura base dell’universo. Essa è costituita da una rete di rapporti reciproci e da catene di solidarietà. L’universo si regge e continua ad espandersi grazie a chi è ospitale.
Dietro i viandanti poveri, stanchi ed affamati si nascondeva il Divino, che poi si rivela in tutta la sua gloria. La capanna si trasforma in un tempio glorioso. I buoni ospitanti sono trasformati in sacerdoti (cioè in mediatori tra il divino e l’umano). Tutto ciò che è toccato dalla divinità viene anche reso eterno. Filemone e Bauci restano nella storia come prototipi esemplari dell’ospitalità, della convivenza e della commensalità. Vengono trasfigurati in vigorosi alberi, i cui rami e le cui cime si intrecciano in una carezza senza fine, in un amore che dura per sempre.
Questo mito ci parla ancora, e ci ispira idee e valori fondamentali per costruire la casa comune, nella quale tutti possano entrare per sentirsi dell’unica razza e per formare l’unica autentica famiglia: quella umana! Questo mito è un po’ come l’orizzonte. Tu fai un passo in avanti e lui si sposta di un passo; ne fai cento, e lui si sposta di cento. Allora, a cosa serve l’orizzonte? A camminare, ecco a cosa serve! Camminiamo!!!

 “Chi porta il sole nella vita degli altri non può tenerlo lontano dalla propria”, con questa straordinario   programma di vita, scritto sotto una bella fotografia di don Camillo Mellini, sono stati accolti i tanti intervenuti all’annuale incontro di festa dell’Associazione che si è svolta giovedì 8 dicembre presso il circolo di Borghetto. L’Associazione è nata nel 2007, con l’intento di seguire l’esempio e gli insegnamenti di don Camillo Mellini che ha dedicato la sua vita e aperto la sua casa ai più deboli ed emarginati. Oggi, assieme alla Caritas diocesana, l’Associazione don Camillo Mellini gestisce la casa di San Pietro, luogo di prima accoglienza, ascolto, sostegno, ricerca di lavoro e di gestione dei documenti. Inoltre l’Associazione, sempre in sinergia con la Caritas, si occupa di effettuare corsi di alfabetizzazione della lingua italiana.
Proprio per approfondire il dono dell’accoglienza, così caro e importante nella vita di don Camillo,  l’incontro annuale è stato dedicato al tema: “L’io solidale”, con gli interventi del prof. Fausto Negri e di don Mario Aldighieri, che hanno coinvolto  profondamente i presenti con la loro riflessione.
“Viviamo in un periodo di grave crisi – ha esordito Fausto Negri – , alcuni lo paragonano alla caduta dell’impero romano. Il termine crisi, nella lingua giapponese, significa però sia “rischio” che “opportunità”. Stiamo prendendo consapevolezza che siamo passeggeri di un’unica nave. Potremo evitare il rischio di essere come il Titanic solo se orienteremo la nostra vita secondo le virtù dell’ospitalità, (siamo tutti ospiti su questa terra), della convivenza (abitiamo la stessa casa comune), della tolleranza (rispetto delle differenze), della commensalità (sediamo tutti all’unica mensa). Se queste virtù si trasformeranno in abitudini ed in atmosfera culturale, si creeranno le condizioni per una globalizzazione necessaria e salvatrice.” Fausto Negri ha quindi raccontato il mito greco di Bauci e Filemone, che spiega con molta delicatezza il vero senso dell’ospitalità che due poveri greci ebbero nei confronti degli Dei (Giove e Mercurio), incarnati in sembianze umane per vivere nel nostro mondo. Il racconto illustra come deve essere attuata la vera ospitalità. L’accoglienza porta alla luce la struttura fondamentale dell’essere umano. “Noi esistiamo – ha concluso Negri – perché siamo stati accolti senza riserve dalla Madre terra, dai nostri genitori, da parenti ed amici, dalla società. Il peggiore sentimento è il sentirsi rifiutati ed esclusi: si fa l’esperienza psicologica della morte. L’accoglienza è vita per i viandanti. Don Camillo apriva la porta della sua casa a chi arrivava e lo accoglieva con un cuore grande, sempre pronto a donarsi per loro”.
Bella e stimolante anche la riflessione di don Mario Aldighieri, di Soresina (CR), per oltre 20 anni missionario nelle zone equatoriali del Brasile. “Veramente l’io è ospitale – ha continuato don Mario – o è critico per natura. Abbiamo davanti a noi una sfida enorme. Il mondo è oggi molto piccolo: siamo capaci di essere cittadini del mondo? E ancora: la globalizzazione in quale dimensione pone gli uomini? Oggi in questa nuova dimensione mondiale sembra che tutto sia diventato denaro e che tutto sia trasformato in merce, in un mercato senza regole. In questo tempo di comunicazioni immediate e di informazione continua, diventiamo più nemici gli uni degli altri. Le tensioni interne agli stati, potremmo dire che, grazie alla  globalizzazione, sono trasportate nel mondo come mali. In questo scenario come possiamo fare per guardare l’altro come un fratello e non come un nemico? Dobbiamo imparare che la faccia buona della mondializzazione, che stiamo vivendo, è quella dell’incontro e dell’aumento della conoscenza. Oggi il mondo entra a casa nostra facendosi piccolo. Si incontrano i popoli, le culture e le persone. Oggi ci sono più Sikh in Italia che in tante zone dell’India. Il mondo è talmente piccolo che non possiamo non guardare e parlare con l’altro. Lo sforzo che dobbiamo fare è quello di imparare a mettersi dentro lo stile di vita dell’altro, se non facciamo questo non c’è possibilità di nessun dialogo. Nell’altro spesso ci sono enormi ricchezze, che si scoprono attraverso l’incontro tra gli uomini e le donne. Questi momenti ci fanno crescere in umanità e cultura e questo è forse il maggiore vantaggio della globalizzazione. La  nostra missione di uomini e di cristiani è quindi quella di farci  costruttori di un’ armonia universale: rompiamo il ghiaccio che è dentro di noi per costruire un rapporto vero con gli altri uomini. Solo così costruiamo veramente la comunità in cui viviamo, perché la solidarietà è vera solo quando sono riconosciuti i diritti della persona”.

Il fratello di don Camillo, Andrea Mellini, presidente dell’Associazione, ha  moderato il dibattito a cui è seguito un bel momento conviviale a cui hanno partecipato tutti gli intervenuti.

 Amedeo Tosi

                                 

 Fidenza, 12/12/2011

Giovedì 8 dicembre alle ore 17.00 presso il Circolo  di Borghetto si svolgerà l’annuale incontro aperto a soci, amici e simpatizzanti per
- confermare il sostegno all’associazione
- condividere le  attività svolte e  i progetti futuri

Interverranno
Don M. Aldighieri e F. Negri sul tema: “L’io solidale”

La festa si concluderà con una cena a buffet insieme.

Fidenza, 20 novembre 2011

L’Associazione, grazie al contributo di docenti volontari, organizza anche quest’anno corsi di italiano per stranieri.

Primo livello
MARTEDI’   ore 10.00 – 11.30
GIOVEDI’    ore 14.30 – 16.00

Secondo livello
LUNEDI’     ore 11.00 – 12.30
VENERDI’  ore 14.30 – 16.00


Le lezioni si svolgono
nella sede della CARITAS al CENACOLO
Via Micheli n. 19 ( vicino al Duomo)

 Fidenza, 12/10/2011

 



In occasione dell’anniversario della scomparsa di Don Camillo Mellini ricordiamo a tutti gli amici che il 21 settembre 2011 alle ore 21.00 presso la chiesa di San Pietro Apostolo a Fidenza sarà celebrata da Don Gianemilio Pedroni una Messa di suffragio.

Fidenza, 14/09/2011

Vi invitiamo a sostenerci devolvendo nella denuncia dei redditi il 5 x mille dell’Irpef
all’Associazione Don Camillo Mellini.
Il codice fiscale da indicare nella dichiarazione è: 91034960343

Fidenza,16/05/2011

Domenica 6 marzo 2011  ”festeggeremo” il primo anno di attività della Casa di Accoglienza “San Pietro”.

Alle ore 17 parteciperemo alla celebrazione Eucaristica della Parrocchia di San Pietro, presieduta dal parroco Don Gianemilio Pedroni.
Al termine ci sposteremo nella sala Sant’Agostino, attigua alla Chiesa, dove ci incontreremo per riflettere, con quanti vorranno condividere, sul senso dell’accoglienza.
Sono previsti:
- un breve intervento, a cura dei responsabili, per fare un bilancio di un anno di attività della
  casa;
- la testimonianza di suor Eva Ivacson, responsabile dell’Istituto del Buon Pastore di Parma,
  nel quale da anni si accolgono e sostengono ragazze e giovani donne italiane e straniere
  in situazione di momentanea difficoltà.

Sperando di vedervi tutti, vi preghiamo di farvi portavoce presso tutti quanti ritenete possano essere sensibili al tema.

Fidenza, 1/03/2011

Su indicazione di alcuni soci, Enrico Mattei ha realizzato il logo per l’Associazione.

Cinque donne stilizzate, a rappresentare i cinque continenti, formano un semicerchio.
Esse sono molto simili e, nello stesso tempo, diverse tra loro, non solo nei colori ma anche nella posizione e nella grandezza.
Qualcuna è più “solare”, qualcun’altra più “cupa”; c’è chi si presenta nella sua interezza, chi invece tende quasi a nascondersi…
Ma, al di là di tutto questo, le cinque donne si danno la mano, solidali tra loro.
Sullo sfondo, a completare il cerchio, sono raffigurate altre cinque figure di uomini e donne. Esse rappresentano i volontari dell’Associazione, nel loro lavoro silenzioso e spesso anonimo, però indispensabile perché la “danza della vita” sia completa.
Il cerchio, alla sinistra di chi guarda, non è chiuso, quasi a significare che… “c’è un posto anche per te!”.
Le dieci figure sembrano fare “un girotondo sul mondo”, tratteggiato con un semicerchio azzurro posto ai piedi delle dieci figure.
Il nome dell’Associazione è scritto in blu, il colore del cielo.
C’è qualcuno che ci protegge dall’Alto!

Fidenza, 28/02/2011