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‘Eventi’

Riflessioni del presidente Andrea Mellini in occasione della festa dell’Associazione.

Cari amici,
sono passati tre anni da quando un centinaio di persone con molta fiducia e un po’ di presunzione si riunirono nella sala sant’Agostino della parrocchia di San Pietro per fondare l’associazione Don Camillo Mellini.
Don Camillo era morto da appena due mesi ed eravamo ancora sotto shock per la mancanza di un grande uomo, un grande sacerdote e  un grandissimo amico.
In quell’occasione dicemmo di voler continuare l’opera del Don, lo dicevamo con una punta di orgoglio, e dicemmo pure che cento o mille di noi non avrebbero mai potuto fare quello che lui aveva fatto da solo, ma eravamo presuntuosi, lo dicevamo ma non ne eravamo convinti…
E iniziò l’avventura…
Come poteva capire chiunque, i primi mesi furono molto travagliati, si pensò che tutto sarebbe finito in fretta: dissapori, mala organizzazione, mancanza di idee, mancanza di una leadership, molta confusione.
Ma quando si ha la testa dura, non ci si arrende facilmente e pian piano qualcuno si è mosso a pietà e con l’aiuto di tante persone siamo  riusciti a decollare e adesso, dopo tre anni, possiamo dire che si inizia a vedere la luce. Da sei mesi è stata riaperta la casa, che funziona più che egregiamente, abbiamo ospitato tante ragazze: alcune sono rimaste solo pochi giorni, altre di più; le ragazze vengono aiutate a districarsi nella giungla delle leggi italiane, viene insegnata loro la lingua e viene spiegato loro come comportarsi nel caso trovassero un lavoro come badanti.
Tutto questo si è fatto innanzitutto grazie alla presenza di tante persone, tanti volontari che hanno sacrificato le ore di libertà e di svago per stare a disposizione delle necessità della casa. Ma tutto questo non sarebbe bastato senza l’aiuto “esterno “ di tante persone e organizzazioni senza le quali staremmo ancora “remando “ in alto mare:
innanzitutto sua ecc.za Mons. Vescovo che ha capito le nostre esigenze, ha preso a cuore la “causa”  e ci ha permesso di continuare nell’attività, anche se penso che all’inizio ci abbia visto un po’ inadatti allo scopo.
Comunque Mons. Vescovo ci ha dato un grande aiuto indiretto, nominando presidente della Caritas Diocesana il sig. Silvano Pietralunga che, grazie alla sua esperienza, ha riorganizzato la Caritas, ma ha anche messo a disposizione dell’associazione tutte le risorse del mondo Caritas. Questo ci ha messo in grado di fare cose che da soli non saremmo mai stati in grado di realizzare.
Dobbiamo ringraziare poi l’associazione “Insieme” per la grande disponibilità mostrata ai nostri bisogni, l’assistenza a diventare ONLUS, l’aiuto nell’organizzare l’istruzione all’interno della casa e tante “piccole” cose che, se non ci fossero stati loro, sarebbero diventati ostacoli insormontabili.
Da ultimo un ringraziamento al Sig. Peveri che ci ospita in questa domenica di poggia.
Dopo i ringraziamenti veniamo a noi, dopo di me parleranno i veri protagonisti di questa avventura, quelli che lavorano sodo per la riuscita di questa che per alcuni è una scommessa,  ma per altri è una promessa fatta a Don Camillo di continuare la sua opera negli anni futuri e io penso che dovremmo ringraziare anche lui che dall’alto guida le nostre azioni.
In queste occasioni ci si domanda anche: “Sì, va bene, ma poi cosa volete da noi?”
Tre cose fondamentalmente:
1) solidarietà,  sembra banale ma è importante che ci siano delle persone che “parlino bene di noi”. Una delle cose che ci rimproveriamo è quella di non farci conoscere, di non fare promozione delle nostre attività, tutto avviene per il passaparola. E’ questo che chiediamo, il passaparola; quando avremo un po’ più di tempo, faremo anche opera di pubbliche relazioni, ma in questo momento non è proprio possibile.
2) una seconda cosa importante è la partecipazione: mettere a disposizione le proprie capacità, il proprio tempo per dare una mano nelle attività della casa; per certe mansioni non occorre la laurea, basta un’ora di tempo per insegnare a qualche ragazza come si fa a stirare, come si coltiva un orto, come si prepara un piatto tipico emiliano o soltanto per accompagnare qualche ragazza alla USL o in un ufficio comunale per un documento.
3) la terza cosa sono i soldi, ce n’è sempre bisogno, lo vediamo anche nelle nostre case.  Siamo ONLUS, quindi le offerte possono essere detratte dalla dichiarazione dei redditi oppure  si può destinare il 5 per mille per sostenere le iniziative dell’associazione, ma a volte bastano solo i 10 euro che servono per acquistare la carne o per pagare la lavanderia. Questa riunione è per informarvi su tutto quello che abbiamo fatto, per dimostrarvi che quello che ci avete dato lo abbiamo speso bene e per raccogliere qualcosa che ci aiuti ad essere il più possibile indipendenti dalla Caritas che, specialmente in questi tempi, ha grandi necessità di assistere  famiglie del nostro territorio.

Borghetto, 21/11/2010
Guarda la Photogallery – Festa dell’Associazione 21/11/2010

Festa associazione

Eccoci arrivati quasi alla fine di un altro anno dell’associazione,
un anno molto ricco e denso di attività e progetti…
e ce ne sono tanti altri da realizzare!
Per trovarci abbiamo pensato ad un momento che sia anche conviviale.

“Siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto
fraterno, umili e misericordiosi” (1Pt. 3,8-11 – Parte integrante del regolamento
casa di accoglienza San Pietro)  

Tutti insieme per la festa dell’associazione
il 21 novembre alle ore 17.00
a Borghetto n. 15 presso agriturismo “Ciao Latte” di Peveri 

 Riunione di tutti i soci e simpatizzanti per:
- riconfermare il sostegno all’associazione
- aggiornarci sulle attività svolte
- condividere i progetti futuri
- concludere con un momento conviviale 

Menù:    
scaglie di parmigiano con salsa
fiocchi di ricotta con salsa 
pizza – polenta fritta con crema di formaggio 
tagliatelle o risotto 
arrosto con contorno di verdure e torta fritta
vino, caffè e dolci 

offerta minima: € 25,00 

Per una migliore organizzazione dare la propria adesione alla cena entro il 15/11 a:
Stefano Laurini            cell. 3332508623
Angelo Robuschi          cell. 3200557274
Alessandro Pelizzari   cell. 3485186390
e-mail   casasanpietro@alice .it

N.B. Il ricavato, al netto delle spese, andrà a finanziare le attività dell’associazione

Scuola

Associazione “ Don Camillo Mellini “

CORSO DI ITALIANO

Vuoi imparare la lingua italiana?
1. Per cercare meglio un lavoro
2. Per farti capire da tutti
3. Per conoscere la nazione che ti ospita,
    le sue leggi, le istituzioni che ti potranno aiutare

DOVE DEVI ANDARE?
SALA CIVICA “TADDEI” –largo Leopardi- Fidenza
(vicino alla scuola elementare Collodi)

Iniziamo a conoscerci MARTEDI’ 12/10/2010 ALLE ORE 14.30
E POI OGNI MARTEDI’ E VENERDI’ DA OTTOBRE A MAGGIO
DALLE ORE 14.30 ALLE 16.00

I tuoi maestri saranno:
ILEANA-GIORGIO-ENNIO-ELENA-LUCIANA                                            

 Iscrizioni presso “CASA SAN PIETRO” via Berzieri, 9 Fidenza
MERCOLEDI’ e SABATO dalle ore 9.30 alle 11.30

Festa dei Popoli 2010

Discorso di Sua Eccellenza Carlo Mazza, Vescovo di Fidenza
Sabato, 26 giugno 2010     Parco della Pace

 Festa dei Popoli

Un saluto
Sono molto grato ai promotori e ai realizzatori di questa seconda edizione della Festa dei Popoli. Se, dopo il primo tentativo si è stati pronti per il secondo, significa che le motivazioni generative erano ben radicate e la risposta non deludente. Tra l’altro mi allieta e mi convince il particolare che questa Festa sia vissuta nel “Parco della Pace”, sede quanto mai appropriata ed eloquente, messa a disposizione dal parroco don Felice.
 Vorrei brevemente sottolineare alcuni aspetti dell’evento.
1. Anzitutto celebriamo una “Festa”. Mi pare che sia la parola più convincente e significativa per avvalorare un’idea di convivenza pacifica e rispettosa tra etnie diverse, ma anche per consolidare un “clima” virtuoso confacente ad un incontro tra uomini e donne cui sta a cuore uno stile di vivere fondato sulla reciproca accoglienza, sulla bontà e mitezza dei sentimenti condivisi, sulla fondamentale appartenenza al genere umano.
E’ proprio della festa infatti evidenziare un radicale desiderio di carattere amicale, quello di trovarsi, di riconoscersi, di stimarsi a vicenda. È bello essere qui riuniti con i diversi rappresentanti di “Popoli”, dal fidentino a tutti gli altri, per dire che convivere è possibile, condividere è indispensabile, consociarsi è naturale.
 2. In secondo luogo ci sta la parola “Popoli”. Appare subito che non è una festa qualsiasi, ma essenzialmente si conforma come caratterizzata dai “Popoli”, cioè da entità etniche ben qualificate, definite e riconosciute dai diritti inviolabili dei popoli, siano essi istituiti in patti statuali o no.
Un popolo non si inventa casualmente, ma possiede almeno un territorio, una storia, una cultura, una religione. Si compone di singoli e di famiglie; vive una condizione di visibilità e di cittadinanza. E val bene aggiungere che un popolo, nel mentre è fiero della sua identità, molto apprezza quella degli altri.
Per questo si avverte sempre più l’urgenza di conoscere la vera e costitutiva fisionomia di ogni popolo e nel contempo impegnarsi in ogni modo per camminare verso la direzione di un’accoglienza trasparente e propositiva nella linea di un’effettiva reciprocità di intenti e di intese.
 3. In realtà la convivenza si costruisce insieme e costituisce il fondamento di una convergente e conveniente intenzione di un buon vivere. Nella convivenza ogni formazione sociale si adegua ad una disciplina comune, al modo di un patto e di un’alleanza, e si determina attraverso l’assunzione di regole e di valori che definiscono la stessa civiltà.
Se si infrange il limite delle regole, poste a salvaguardia dello jus soli et civitatis, si creano le condizioni per generare conflitti, arroganze, sopraffazioni. Sono questi gli elementi deflagranti che negano la pace, la dignità, la fraternità e la sana integrazione. Inoltre nella tutela attiva dei diritti e dei doveri sta la base di una nuova civiltà multietnica, capace di far nascere una forma di meticciato che edifica, a pari condizioni del diritto, una nuova cittadinanza.
 4. Com’è noto, da sempre ho sostenuto il valore della “Festa dei popoli”, come un’occasione di incontro, di gioia, di conoscenza. Credo infatti che è solo creando situazioni di concreta convivenza che possono essere difese le proprie ragioni e nel contempo accogliere quelle degli altri. Ciò suppone il mettere insieme la buona volontà di tutti, a prova di una capacità di dono scambiato. 
Il dono esprime in modo evidente la nostra stessa “umanità” e ciò che la caratterizza, nella somiglianza e nella diversità. Di qui scaturisce che il solo titolo che conta consiste nell’appartenere al regno dell’uomo, nell’essere parte del genere umano, nell’essere tutti “figli” di un Dio, comunque lo si chiami e lo si invochi.
Da parte nostra desidero ridire che la fede cattolica non fa distinzione di persone, non ammette eccezioni e promuove senza riserve il dialogo e l’ospitalità, contro ogni fanatismo e ogni integralismo, tanto deleteri quanto generatori di rovine inimmaginabili.
5. Al riguardo, quanto appare bello saper condividere la propria religione, le convinzioni di fede, la preghiera perché ogni uomo, qualunque sia la sua appartenenza, si compone allo stesso modo di “corpo, spirito e anima”. Perciò la “Festa dei popoli” richiede di mettere in comune le proprie convinzioni religiose, senza paura e senza nascondimento.
Sappiamo per altro che il bene della pace tra i popoli passa attraverso le religioni, come ci ha insegnato il Concilio e soprattutto Giovanni Paolo II con gli incontri di Assisi, valorizzando tradizioni e credenze diverse, ma egualmente mirate alla trascendenza finale dell’uomo e al suo destino “divino”.
Assecondando questa visione mi permetto di invitarvi a vivere ora un minuto di silenzio, dove ognuno si rivolge al suo Dio, pregando per la nostra fraterna convivenza e per la pace dei popoli.
6. Ringrazio tutti coloro che si sono impegnati perché questa “Festa” potesse ripetersi e riuscire con successo.
+ Carlo, Vescovo

Avviso

Coloro che desiderano aderire all’iniziativa di convertire i punti della Coop e del Conad in buoni spesa da utilizzare per la Casa di accoglienza di san Pietro, sono pregati di contattare Marisa Rubini (tel. 0524/84760).
Fidenza, 7 marzo 2010

Inaugurazione casa di san Pietro

ASSOCIAZIONE DON CAMILLO MELLINI

“Nel cammino della vita bisogna fare come il marinaio
che con la mano tiene il timone e con l’occhio fissa le stelle”…
don Camillo Mellini

Fidenza, 25 Febbraio 2010
La S.V. è invitata alla cerimonia di apertura della

 CASA DI PRIMA ACCOGLIENZA FEMMINILE SAN PIETRO APOSTOLO
IN VIA BERZIERI 9, A FIDENZA (PARMA)

che si terrà il giorno 8 Marzo 2010 in concomitanza con la Giornata Internazionale della Donna.
La cerimonia comincerà con la Santa Messa delle 17:30, presieduta da S.E. Mons. Carlo Mazza, Vescovo
di Fidenza alla quale faranno seguito alcuni brevi interventi delle autorità civili.
Successivamente apriremo la casa agli ospiti perché possano visitarla guidati dagli operatori
dell’Associazione.

 Silvano Pietralunga                                                               Andrea Mellini
Direttore Caritas Diocesana                         Presidente Associazione don Camillo Mellini

Assemblea

Venerdì 12/02/2010 presso la parrocchia di san Pietro Apostolo si è tenuta l’assemblea annuale dell’Associazione, presieduta da Andrea Mellini.
E’ intervenuta la vernacolista borghigiana Claretta Ferrarini che ha letto alcuni passi del suo ultimo libro “…Sì…to surèlla cävala a ‘n òppi!”, il cui ricavato è stato in gran parte devoluto all’Associazione.
Claretta, con la naturalezza, la simpatia e la spontaneità che la contraddistinguono, ha divertito ed emozionato i presenti  ricordando espressioni, modi di dire e proverbi di un tempo.
La maestra Ileana Farolini ha illustrato il progetto della Scuola di lingua italiana che si sta attuando con successo da due anni con la partecipazione di numerosi extracomunitari; quest’anno la scuola conta più di trenta iscritti di diverse nazionalità.
Il presidente Andrea Mellini  ha comunicato che i lavori di ristrutturazione della ex casa di don Camillo sono terminati grazie al coinvolgimento economico dell’Associazione e alla collaborazione di numerosi volontari.
Il direttore della Caritas, Silvano Pietralunga,  ha presentato il regolamento della casa di accoglienza che è stato approvato dall’assemblea.
Un ringraziamento particolare è stato rivolto  a don Gianemilio Pedroni che si è prodigato affinchè la casa di san Pietro fosse riaperta.

L’inaugurazione della casa è prevista per  il giorno 8 marzo 2010.

I rägâs äd la Corea

Il 7/2/2010 si è svolta la festa di “Cureàn ad ‘na vota” presso l’agriturismo “La Broncarda”.

In tanti si sono ritrovati a festeggiare e a ricordare i mitici anni ’60, quando un nugolo di ragazzini scatenati scorazzava tra i casermoni del nuovo quartiere Corea, il bar Rastelli e il capannone che ospitava la chiesa di don Camillo.

Impossibile dimenticare le partite di calcio nel campetto, le sfide a babilot, le briscole nel bar e la presenza vigile di don Camillo, ca ‘l däva-da-mênt e ‘l müciäva-sö tütt i sarpìlli cul bräghi cürti; ca ‘l ga däva ‘d j’arión da drisärägh èll j’urìcci, mo lûr j’erän sempar lé li stéss tanme di bižiôn taca ‘n fiûr.
Lüssi a j’òcc’ e ‘na strìca äl cör, quanda ‘l pueta burghžàn G.Carlo Loreni, l’ha ližì la sò bèlla puešia: “I Rägâs äd la Corea”

I rägâs ad la Corea

L’era al ’60. Forži al ’62.
Inturna ‘na distesa ad casarmón e grü
ch’a scänceläva i fiûr e la campagna,
ch’a žüpliva l’Arvacia e ‘scundiva la muntâgna.

‘Na fila ‘d päläžón da fèr päüra
ch’a s’älvèvè vêrs al ciêl da la piänüra
quäži pr’a ‘d mändär scüža al Signûr
par l’architèt ch’äva fât un brütt lavûr.

In tütt i büž, lughè in ogni cäntón,
‘na schiera ‘d cävälèt’ti vistidi da garžón
ch’a sälta, ch’a fis’cia, ch’a sbraja <<gugnén!>>,
ch’a cur’ra, ch’a rid’da, ch’a zöga a ‘scundén.
‘Na schiera da bzii sempr’in muvimênt,
‘na nüvla ad gälävrón ch’a vula contra vênt.

Tütt i dé a gh’era ‘n büjón
ch’a fniva sémpar cuj platón,
tütt i dé a gh’era däl grâni
ch’ändäva avanti par däl žmani
po’ d’impruviža a fniva tütt
cun ‘n occ’ mächè e ‘n quel dênt rut.

Che bèj têmp! Che nužtälgia!
Che bèj ricôrd, che älegrìa:
a gh’era Piero, i Pinèl’li, Rus’si e Lücian,
Scacioli, Mauro, Mižio e Gäetan,
al Nan’ni, Roberto, Cêsco e Pätén,
Geppo, Žilian, Perasso e Žanén.
Po’ a gh’era Marcél, a gh’ra Fol’li e Silverio
e ‘n quäldón c’ho žminghè par via ‘d l’artêrio…

In Corea a’gh mäncäva propria änienta
E gh’era quäži tütt par la sö genta.
A gh’era la verdüra ch’a vindîva Žcäläbrén,
gh’era l’Eventi cun quädèrèn e giurnälén.
A gh’era la Cuperätiva, Fiurintén e ‘l Cävälâr
e gh’era la pälta par chi ävreva fümâr.
Gh’era ‘na cêža cl’a pariva ‘n scatlón
fâta ‘d polistirolo e brüt’ta däbón
e bäžtäva un po’ ‘d vênt, äpêna ‘n žcuržén
par fêr tarmêr i vêdar e žpärpäjâr i säntén
e don Cämill cun l’aria da indiàn
l’intunäva <<Alleluja…>> e ‘l guärdäva luntàn.

In ‘na ca vèc’cia e scälžinäda,
‘na ca ‘d campagna ümda e mäländäda,
Dante Rästelli cl’era mia näžì iêr,
l’äva invintè al Bar del Quartiêr.
A gh’era ‘l cärti, gh’era ‘l flipper, gh’era infìn al bäbilòt:
Madon’na che pästìs, Madon’na che cäsòt.
Renato cun Jan’no contra Can’no e Bargón:
a l’era mia ‘na partîda, l’era ‘n ciclón.
<<Stros’sa t’ho dìt… A t’ži bon d’änienta,
stros’sa t’ho dìt, Magnäpulenta…
Jan’no l’e in cêža…! Mötäg un bäžtòn
che cun fânt e cavâl a fum’ma 61!>>.

Tra ‘na brižcula e ‘n trisèt
e ‘na partîda int èl cämpèt,
tra ‘n bel gîr in biciclèt’ta
e ‘l prìm bäžen a ‘na rägäžet’ta
a l’è päžè ‘n tòc ‘d’la nostra storia
cun d’j mumênt ‘d rabbia, cun d’j mumênt ‘d gloria…
Pü ‘d quarant’ân e sùm sincêr
sa žêr žö jocc a ‘m pära jêr,
e ‘v ricordi tüt’ti in bräghi cürti e cänuttiêra
a žcuriätâr da la mäten’na infin’na a sera…

Forži dentâr al cör s’è fermè ‘l têmp
parché a gh’sum’ma tüt’ti, a sum’ma tüt’t presênt…
‘Na schiera ‘d cävälèt’ti vistidi da garžón
näžcosti in tütt i büž, lughè in ogni cäntón…

Giancarlo Loreni (“detto” Patroclo)

La vìta l’é ‘na röda

“La vìta l’é ‘na röda”, dževa i nostar vècc’.
Quanda t’é giùän ät vè a la sö, ‘d cursa: t’intarèssa mîa se la füga* l’é elta, parché ‘d gh’è del fiè da vendar.
Pò ‘t cât un läûr, ät tè spuš, ät fè di fiö, ät tè fè ‘na pušizión, ät tribül a spärägnèr un quèll frânch e ‘t ven via däl Ca’ Uperäji, parché ‘t tè si tòtt ‘na bèlla ca’.
Ät pisti tânt äd chèll m…. ca maré nàsar du volti: vüna par pistèr èl m…, cl’ätra par cätäria-sö e impärèr a pistäria pö.
Ä ‘t vè incontra a di tribülämênt da mât, mo, t’äl sè žamò che la vìta l’é tanme l’acqua del mär: la ‘s muasta sempar, la ‘s pöl mîa bévar, mo la téna a gâla qùi ca nöda e qùi ca ‘n nè mîa bon ad nudèr.
Pò, quand ‘ät tâch a dîr: “Quanda s’era rägâs me…” ädiu; ät täch a blišghèr-žu da la füga.
Ät ciapa ‘l šmentimênt* e la nustälgìa: un pò parché ‘t cäpìss cl’ändäva änmèj quand l’ändäva pèss e pò parchè, quarantân fà, ät gh’äv quarantân äd menu.
E l’ura l’é bèll äbòtta müciäräs-sö tütti, vödr anmò ‘l faci di tò ämîgh äd giuentü, ca tè vdêv pö da ‘n pèzz. Soquânt j’en propria tanme te: j’han miss-sö ‘na bèlla budriga e j’en plätè. Pensa!… Ca s’erän mägr’impìcch e gh’ävän ‘na pänera ‘d cävì.
Mo la vuža l’é cumpagna, èl caratar l’é cumpâgn e cumpagna la mänera ‘d fèr.
Dävanti a soquanti scâji ‘d sälâm, un gäbâs d’änulén, un nadr äròst e ‘na penta ‘d ven, s’inizia a “fare memoria”, che non è solo un ricordare ma quasi un rivivere insieme fatti importanti e piacevoli banalità.

In mèžža a tütt i: “Ät t’arcordät quanda…Ät véna in menta che…?” sälta sempar föra tri sîd: un bèll prè par žüghèr e litighèr ; un bar cul juke-box e ‘l bäbilòtt, par cätäräs fnì i compit…Pò… ‘na rampa da scäli ca porta int na stansa cum l’üss sempar värt in šbânt… dentar un pretén, mägar ‘me ‘n ciôd, cum la vesta negra pü granda che lö, mo ca fäva ciär ‘me ‘na gròssa lüma. Veramente:

“un prete per chiacchierar”.

E propria lecsé, a la bon’na, t’è surbì cme ‘na spügna, äl robi ca conta däbón, i valori
ca téna in pé la tò vìta, parchè: “Nel cammino della vita, bisogna fare come il marinaio che, con la mano tiene il timone e, con l’occhio fissa le stelle”…
La dišgrasia pü gròssa ca ‘t pòssa cäpitèr intla vìta l’é cùlla da dvintèr un “don inütil”* Chi non vive per servire, non serve per vivere”.
A la fen-fen, ät cäpìss ca t’é dât-da-mira ben äbòtta: ät gh’è ‘vì un prè vêrd par žüghèr, ‘na seša d’ämîgh par crossr inséma e…
cla lüma…cla lüma csé gròssa  ca‘t cätäv anmò la strè anca sè‘t tè pardêv intla nòtta pü scüra.

Sì perchè, “strada facendo” non è importante ciò che hai, ma chi hai.

Fausto Negri

*salita
*scoraggiamenti
*intendi: persona inutile

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“Io lo conoscevo bene”

DVD Don CamilloVenerdì 18 dicembre 2009 alle ore 21, presso la sala multimediale del Centro interparrocchiale di San Michele, è stato proiettato il film di Ivano Sartori e Luca Laurini su Don Camillo Mellini.

Dopo la visione del film “Don Camillo Mellini”

Vaganti suggestioni
ripensando a

DON CAMILLO PRETE DI FRONTIERA 

I preti di frontiera hanno nel loro Dna cromosomi particolari: infatti, fin da piccoli si sentono chiamati per una missione speciale e intuiscono che tutta la loro vita sarà un dono.
I preti di frontiera si fanno le ossa studiando molto: ma alla fine i libri di dogmatica, di morale e di liturgia giacciono impolverati sui loro scaffali. La loro fede la vivono a contatto con la realtà.
I preti di frontiera, non appena ordinati sacerdoti, vengono mandati in posti di frontiera: magari in un oratorio con ragazzi turbolenti o in una periferia in cui non esistono punti di riferimento.
I preti di frontiera, allora, scelgono sistemi educativi per allevare “uomini di frontiera”: ad esempio, optano per lo Scoutismo.
Sono spesso incompresi, i preti di frontiera, pure dai loro confratelli e dai loro superiori. Vengono guardati con sospetto, se non derisi. Ad esempio, quando propongono “il nuovo” con entusiasmo, vengono “incoraggiati” col seguente adagio: «Se vuoi sbattere la testa contro il muro, fai pure!». Essi però “gettano il cappello oltre la siepe” e sanno già che un giorno forse lontano si darà loro ragione. Essi sono convinti che “non si cuce una pezza di stoffa nuova su un vestito vecchio”, così come “non si mette vino nuovo in otri vecchi”.
I preti di frontiera vanno alla ricerca dei profeti del loro tempo. Alle persone che intendono educare, essi fanno così conoscere: “La Nuova Frontiera” di J.F. Kennedy, la nonviolenza di Gandhi e di M. Luther King, l’esperienza ecumenica di Frère Roger di Taizé, la famiglia allargata di don Zeno a Nomadelfia, l’esperienza pilota di Danilo Dolci a Partinico in Sicilia, l’“I care” (“Tutto m’interessa”) di don Milani…
Sono sognatori, “ i g’han mîa ad cunissión”, perciò corrono il rischio di non essere capiti e presi per ingenui. Essendo in frontiera, a volte sbagliano certo! Sono però convinti che il rischio maggiore, nella vita di una persona, sia quello di non rischiare mai nulla!
Sono di destra, di centro e di sinistra; impossibile inquadrarli in un partito, incasellarli dentro uno stereotipo, sistemarli all’interno di un’istituzione.
Pronunciano poche volte la parola “Dio”, ma tutta la loro vita sta a dimostrare che “Dio c’è” e che è vicino a ciascuno. Essi testimoniano che Egli ama tutti, ma ha i suoi preferiti: lo straniero, l’orfano e la vedova.
Loro… ci sono! Se hai bisogno, sai che loro ci sono!
Hanno sovente il portafoglio in mano e perciò sono spesso senza una lira. Sono poveri perché danno tutto. La porta della loro casa è sempre aperta, così come il loro cuore. Non tengono niente per se stessi, nemmeno la loro camera da letto, perché non ci dev’essere nessuno senza un tetto, un pasto, un posto dove calmare il cuore. E se non c’è un letto per riposare, si recupera un divano; e se non c’è un divano, una sedia per sedersi e un tavolo su cui appoggiare la testa si trovano sempre [bel “pungolo nella carne” per tutti noi, appartati nei nostri appartamenti!].
Questi preti sono “orsi solitari”, “esploratori di confine”, razza rara in via di estinzione.
Amabili ma non molli, appassionati ma non fanatici, semplici ma non sprovveduti, umili ma col potere di cacciare i demoni che infestano la vita di tanti, indifesi ma capaci di camminare sopra serpenti e scorpioni.

 P.S. C’è un antico detto che fa: : «Quando sei nato, tu piangevi e tutti attorno a te sorridevano. Quando morirai,  fa’ sì che sia tu solo a sorridere e che piangano tutti gli altri attorno a te.

Vedendo il film di Sartori-Laurini su “Don Camillo Mellini” ho pianto molto, così come mi si inumidiscono gli occhi quando ripenso a lui, “padre” spirituale di una famiglia numerosa.
Allora alzo gli occhi al cielo, rivedo tra le nuvole il suo profilo un poco sgraziato e immagino che stia guardando tutti noi, dalla sua beatitudine infinita, con quel sorriso appena accennato, un po’ malizioso ma sempre sincero e benevolo!

                                                                                                                                                                                                                                            Fausto Negri

 Preghiera della mamma di Don Camillo Mellini

 ritoccata il meno possibile dalla vernacolista borghigiana Claretta Ferrarini
[Era la preghiera che recitavano i bambini prima di andare a letto, agli inizi del 1900]

 Äm nin vâgh a lètt                                                              Mamma                
Cum Domine parfètt
Cum Domine mägiûr
Cum Crist èl Sälvätûr
Cum l’angil in biânch
Cum èl Spirit Sânt
Cum la Vergine Marìa
e tütt j’angil in cumpänìa
Èl me angil bon
Èl me angil ciär
Tena d’òcc’ l’alma mia
Infin ca vèna ciär
Fäls èl nemîgh
Ca ‘l nè mè véna a tintèr
Gnan in vìta
Gnan in pont äd morta

A lètt äm nin vâgh
L’alma mia a Diu la dâgh
La dâgh a S. Michêl
Ca’l la monda e ca’l la manda äl bon Gesü

A lètt a-sum ändè
Quatar sânt a-g’ho cätè
Dü da cò e dü da pé
In mèžža ‘l ciêl äv ni ‘ndè

Äl dîž ca dorma
Ca m’arposa
Dîgh ca ‘l mè faga mîa insugnèr ‘na brütta roba
Mädunen’na bèlla-bèlla
Sidîv-žu intla me cämren’na
Stè mîa pö in pé
Fin quanda l’alma la resta ché
Däm tanta vìta e tanta forsa
Fin quanda i me pchè i sè šmorsän.

 

Don Camillo_scrivania

Una Messa per ricordare Don Camillo Mellini


Ritratto-Don-Camillo

Lunedì 21/09/09  alle ore 21, nella chiesa di S. Pietro Apostolo a Fidenza, è stata celebrata dal Vescovo Mons. Carlo Mazza una Messa in ricordo di don Camillo nel secondo anniversario della sua scomparsa. Sono intervenute moltissime persone che hanno avuto il dono di incontrare sul loro cammino don Camillo, il sacerdote che ha dedicato la sua vita al servizio degli altri, soprattutto dei più deboli e dei più poveri.
E’ stata una Messa commovente in cui si è potuto avvertire chiaramente quanto il ricordo di don Camillo e dei suoi insegnamenti sia ancora vivo e presente.
A conclusione della Messa la pittrice Sabina Botti ha donato alla comunità parrocchiale un quadro che ha suscitato il plauso dei presenti perché ritrae don Camillo cogliendone una tipica espressione del viso accogliente e sorridente. Il ritratto è stato collocato nella sala Sant’Agostino della parrocchia di S. Pietro Apostolo.

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