E torna,
come una dolcissima poesia,
la ricorrenza del Natale.
Abeti,
candele colorate,
fiocchi di neve,
presepi,
auguri,
distensione degli animi,
messa di mezzanotte…
Ma chi è costui
Che scuote le fibre
Di tutti i cuori,
che in quella notte
fa piegare anche le ginocchia
di persone
che nella vita
conoscono ben poco il suo fascino?
Chi è quel Bambino che,
oggi come allora,
chiama i re e i pastori,
muove gli angeli e le stelle?
(Chiara Lubich)
E’ difficile non subire il fascino del Natale. Quando si è bambini è la festa più dolce e ricca di poesia che si possa immaginare; anche quando si cresce e si diventa adulti, è impossibile restare indifferenti di fronte all’atmosfera natalizia.
Purtroppo ci sono — oggi come ieri – Natali di guerra, Natali di miseria, Natali di povertà e c’è sempre un Erode di turno che insidia la venuta di un bambino che nasce. Oltre a tutto questo, va considerato inoltre che viviamo in un contesto dove il senso pagano del Natale rischia di travolgerne il senso più vero e più autentico.
A questo proposito, Alberto Moravia scriveva:
Togliere le incrostazioni
Il Natale mi fa pensare a quelle anfore romane che ogni tanto i pescatori tirano fuori dal mare con le loro reti, tutte ricoperte di conchiglie e di incrostazioni marine che le rendono irriconoscibili. Per ritrovarne la forma, bisogna togliere tutte le incrostazioni. Così il Natale. Per ritrovarne il significato autentico bisogna liberarlo da tutte le incrostazioni consumistiche, festaiole, abitudinarie, cerimoniose.
Tutti abbiamo sete di Natale. Solo di Natale. Senza aggettivi. Un Natale punto e basta, che significa principio, partenza, nuovo inizio, vagito. E non importa ci siano fiocchi di neve e nenie di bambini. Alberi vestiti a festa e luci soffuse. Solo Natale. Che allarghi i confini e mostri in un solo colpo d’occhio tutti i ventri ancora gonfi della storia che attende di partorire la pace. Natale in tutti i luoghi in cui quel vagito è spento da interessi di parte, dall’indifferenza di troppi e dalla nostra memoria distratta. Natale per tutti.
Con il Natale la vita vince nonostante tutto.
“È nato un bambino”.
Questa la frase che, identica, risuona sotto diversi cieli.
Non si dice: “È nato un cristiano, un musulmano, un ricco, un povero o un americano”.
Ma semplicemente: “Un bambino”.
Un essere umano bisognoso d’amare e di essere amato. Questo bambino ci insegna che cosa è veramente essenziale nella nostra vita.
Come dice Papa Francesco, ‘‘Il Natale di solito è una festa rumorosa: ci farebbe bene un po’ di silenzio per ascoltare la voce dell’Amore’’.
Auguri di un Natale silenzioso, in ascolto
Mara Dallospedale
Fidenza, 23/12/2016
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