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“Lasciate il mondo un po’ migliore di come l’avete trovato”

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Questo l’invito che Baden Powell ha lasciato agli scout di tutto il mondo e questo è ciò che ritengo abbia concretamente fatto don Camillo Mellini. Egli è stato innanzitutto una figura esemplare che ha risposto con gioia e fiducia alla chiamata del Signore per una vocazione sacerdotale in grado di far nascere, guidare e soste­nere in tanti il cammino di fede e di spiritualità verso Dio nostro Padre. La peculiarità sta nel fatto che si è avvalso di uno strumento particolare: lo scoutismo. Con il “Grande Gioco”, che proprio quest’anno compie cento anni, don Camillo ha coinvolto miglia­ia di ragazzi e ragazze di ieri e di aggi in una straordinaria avven-tura di crescita umana e spirituale. Uno dei tratti fondamentali della sua opera è stata infatti la grande e autentica passione edu­cativa che l’ha animato in tutti gli ambiti nei quali si è trovato ad operare: parrocchia, scuola e as­sociazione. Don Camillo ha coin­volto tanti non perché parlava di scoutismo, ma perché è stato ve­ramente scout in prima persona. Il suo essere scout era nella capa­cità “di guardare avanti” e di “leggere i segni dei tempi” coniu­gando i valori con l’impegno nel quotidiano e gettandosi in sfide sempre nuove. Questo a volte fra lo scetticismo e la diffidenza di molti, come quando ormai quasi cinquant’anni fa fondò con uno sparuto gruppo di ragazzi lo scoutismo a Fidenza.
Guidato dalla sua “curiosità per la vita” e dalla voglia di ap­profondire idee e relazioni ha sempre testimoniato e praticato
l’importanza  del pensare, progettare, verificare. Di una cosa in particolare è stato maestro: del­l’autentico significato della paro­la “amore” alla quale ha dato cor­po e anima nell’incontro con tan­ti, nella gioia e nel gusto dello stare insieme in allegria, nelle tante opere di servizio ai fratelli, nella disponibilità a un rapporto mai superficiale ma sempre au­tentico, nell’ascolto e incoraggia­mento a quanti a lui si sono rivol­ti. Strada, comunità, servizio: so­no le parole chiave che rappre­sentano l’essenza dello scouti­smo e che anche grazie a lui han­no acquistato un “gusto” nella vi­ta di tanti di noi. Ed è seguendo questi tratti e ispirazioni che si è sviluppata la sua avventura scout in tutti questi anni a Fidenza. Da­gli albori delle prime attività nel quartiere Corea al periodo del Cenacolo di Spiritualità di cui per lungo tempo è stato direttore facendone non solo una sede di ritrovo, ma anche una palestra di servizio e un ambito di incontri formativi per tanti ragazzi. Infi­ne l’ultimo periodo in s. Pietro, il suo rinnovato impegno di parro­co e la voglia di percorrere nuo­ve vie nella sequela del Signore con la creazione di quel centro di accoglienza che tutti conoscono. L’impegno e l’entusiasmo di don Camillo in tutti questi anni non si è limitato solo a Fidenza, ma ha saputo superarne i confini spingendosi in ambiti sia nazio­nali che internazionali con attivi­tà legate allo scoutismo e non. Ne è un esempio il “gemellaggio” tra Fidenza e Santa Maria Tiberina (1978) di cui fu uno dei principa­li artefici e promotori. Nato da un’esperienza scout, alcuni cam­peggi estivi e la generosa ospita­lità degli abitanti del luogo, è di­venuto un evento capace di supe­rare i limiti di un’associazione e trasformarsi in occasione di in­contro per due intere comunità. Al termine di queste mie note im­magino che don Camillo, perso­na schiva di elogi e un po’ timi­da, scuota la testa e bonariamen­te mi rimproveri per il ritratto che ne ho delineato. Ma questa è l’immagine che serbo di lui: una figura paterna che, pur con le de­bolezze e gli errori che sono pro-pri di ogni essere umano, ha rap­presentato il valore e la grandez­za dello spendersi per gli altri e l’autentica e sincera incarnazione
del motto “del proprio meglio”.
Francesco Biondi (Risveglio 28 settembre 2007)

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